01/10/2022
Progetto Di – Mercatino piccole imprese femminili
Progetto Di – Mercatino piccole imprese femminili
“Cari Amici del Mirabello,
pensando di interpretare il pensiero di tutti i soldati che come me prestano o hanno prestato il servizio militare in qualità di vostri accompagnatori, vorrei brevemente descrivervi le sensazioni che ho provato e provo e le convinzioni che ho maturato assolvendo il mio incarico.
[…] L’essere stato scelto come accompagnatore di un ex combattente mutilato costituisce per me un onore incommensurabile […] Mi avete insegnato […] che la vera sconfitta del genere umano è nell’affrontarsi fratello contro fratello, pur se comandati dai rispettivi governi, con strumenti di morte. […] Purtroppo mi duole sottolineare un fatto evidente: mentre un tempo […] il vostro sacrificio veniva prima di ogni altro, oggi pian piano si tende a dimenticarvi, che se per una legge naturale i vostri problemi si attenuassero.
E la parte di quell’Italia che vi vuole dimenticare mostra di essere matrigna e non certo madre di chi tanto ha dato per la collettività nazionale. […]
Soldato Franco Manzoni
Come i Visconti e gli Sforza amavano lasciare spesso la città per cercare svago e riposo nelle loro ville di campagna, così la classe borghese si intratteneva volentieri con i villici nelle loro case di campagna prendendo parte alla loro feste.
La vita di campagna nelle lussuose dimore fuori porta, fra cui la cascina Mirabello, dell’aristocrazia milanese viene descritta da Matteo Bandello nelle sue novelle, dove riporta le allegre conversazioni dei suoi personaggi, le loro continue feste e i conviti allietati da frequenti calici di buon vino bianco. Le dimore suburbane milanesi erano circondate da vaste praterie, da riserve di caccia, da peschiere. Dal Lago Maggiore, dalla Val d’Ossola o dalla Valtellina si facevano arrivare lepri, caprioli, stambecchi, anatre, pernici e fagiani, o addirittura struzzi o pavoni da paesi più lontani, che venivano tenuti in recinti speciali. Così in primavera, i signori con le loro famiglie cominciavano la vita in villa.
Per la festa del 1° Maggio, in Lombardia vi era l’usanza di far divenire i villici cavalieri per fare gli onori di casa ai signori che arrivavano dalla città e in quell’occasione, offrivano alle loro donne i fiori appena sbocciati, simbolo della primavera e della gioia. Poi si facevano cavalcate, merende, cacce, dando sfoggio a nuove mode.
Qui di seguito riportiamo il testo in cui l’ambasciatore di casa d’Este a Milano, Giacomo Trotti, descrive la festa del 1° maggio 1492. Anche in Villa Mirabello sarà avvenuto qualcosa di simile a questa curiosa descrizione:
”Hogi, ch’è il primo de mazo, quisti Ill.mi S.ri con le Ill.me Duchesse sue consorte, con tutta la corte de homini et done, molto per tempo sono andati in campagna lontani preso tre miglia con li loro falconi a fare volare, et dapoi andessemo per maij con gran triumpho et con grandissima comitiva.
Le duchesse haveano conza la testa ala francese, videlicet con il corno in capo con li villi longhi de seda, li loro corni erano guarniti de bellissime perle tramezate con molte zoglie de diamantini, de robini, de smiraldi et altre dignissime prede che era una cosa molto sumptuosa et richa, ma le perle de la duchessa de Bari erano molto più gosse et belle de quelle della Duchessa di Milano.
Erano vestite tutte de tabi verde si de veste come de camore et maniche, et il simile la Ill.ma M.na Biancha, figlia delo Ill.mo S.re Ludovico senza differenzia alcuna. Erano a cavalo de chynede tutte bianche bellissime tutte guernite de raxo verde sì de fornimenti come de coperte. La mazore parte dele loro donzelle la quale etiam erano conze tute con gli corni ala franzese et con li villi de seda longhi fino in terra, ma senza zoglie. Tute quasi erano vestite de verde tra de dalmascho de rxo et de zendali verdi. Numero circha quaranta. Et pigliati li mazi con gran triumpho et festa se ne tornassemo a casa a desinare.”
Mons. Edoardo Gilardi, nato nel 1892 a San Giovanni alla Castagna (LC), venne ordinato sacerdote della Chiesa Ambrosiana e destinato ad attività pastorali in diocesi. Partecipò come cappellano volontario alla prima guerra mondiale, fu ferito più volte e fu decorato al valore. Terminato il conflitto, collaborò con il prof. Denti in qualità di consigliere, alla creazione e allo sviluppo della “Casa di lavoro e patronato per i ciechi di guerra”, inaugurata nel 1920. Fu anche fondatore della casa “gemella” per ciechi a Civate (LC) avviata nel 1930. Ricoprì prestigiose cariche in istituti e fondazioni, in Italia e in Europa. Fu successore di don Gnocchi alla presidenza della “Fondazione Pro Juventute” – oggi “Fondazione don Gnocchi”. È scomparso nel 1962.
Il prof. Francesco Denti, direttore dell’Ospedale Militare delle Orsoline a Milano, si prese a cuore la sorte di giovani ciechi di guerra. Nella Villa Mirabello progettò un intervento innovativo per garantire loro una vita dignitosa e attiva. Non mancò la solidarietà dei cittadini e delle istituzioni nel realizzare la “Casa di Lavoro e Patronato per i Ciechi di Guerra della Lombardia”. La direzione fu assunta da Mons. Gilardi e la gestione dalla Congregazione delle Suore di S.S. Maria Consolatrice. Nel corso degli anni, beneficiarono del servizio migliaia di non vedenti assistiti e abilitati alla produzione di manufatti in collaborazione con diverse imprese. Alla scomparsa del Prof. Denti, Mons. Gilardi ha continuato lo sviluppo della provvidenziale opera per un sicuro futuro.
“Heri venemo ad alloggiare a Mirabello loco de li Landriani a presso a Milano un milio, et cominzando a Como fin lì continuamente acresceva el numero de li primari et altri zentilhomini de la cità et de altri a cavallo e a pede in modo non si potevano volgere per strada cum continue invocatione del nome nostro, et segni de lititia. Questa matina levati da Mirabello intrassemo nel borgo de Porta Nova al spontare del sole hora auspicata datane da l’astrologo nostro: et desmontati al zardino de Jo.Francisco da Vimerchato et lì demorassemo un poco fin che fusse hora comoda per li zentilhomini a l’intrare in la cità…”
Queste le parole di Ludovico Maria Sforza, detto il Moro, riguardanti il Mirabello in una lettera scritta alla cognata Isabella d’Este Gonzaga.
Avendo saputo che la popolazione aveva ormai in odio l’oppressione straniera, a causa dei soprusi dei francesi, Ludovico assoldò un esercito mercenario di svizzeri e sul principio del 1500, coadiuvato dal fratello Ascanio e dai Sanseverino, partì dalla Germania alla volta di Milano per riappropriarsene.