La storia della Villa Mirabello

Set 30, 2022 | Curiosità, News

Situata in origine in aperta campagna, nei primi anni del Quattrocento i Visconti scelsero Villa Mirabello come soggiorno estivo e sede per la caccia fruita anche dalle nobili famiglie del tempo. 

Nel 1447, Giovanni Mirabello acquistò la proprietà da Filippo Maria Visconti dando così il proprio nome alla Villa. 

Pigello Portinari, nobile fiorentino caro al Principe Sforza, si trasferì a Milano intorno al 1452, su mandato di Cosimo de’ Medici, per assumere la direzione della filiale milanese del Banco Mediceo. Nel 1455, acquistò la proprietà da Giovanni Mirabello con l’intento di “creare in una località amena un complesso a metà tra un casino di caccia e una piccola villa di delizia”.
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La presenza di questa casata è testimoniata dal porticato del fianco orientale aggiunto da Michelozzo, architetto di famiglia, lo stesso a cui molto probabilmente il Portinari commissionò la cappella omonima all’interno della basilica di Sant’Eustorgio, in Milano, dove lo stemma dei Portinari è ancora visibile nella lanterna al centro della cupola. 

Verso la fine del Quattrocento, la Villa divenne proprietà dei nobili Landriani, fra cui Antonio insignito da Francesco Sforza della carica di Sindaco di Milano nel 1456, nonché uomo di fiducia e consigliere politico di Ludovico il Moro, e il figlio Gerolamo, Generale della Congregazione degli Umiliati, che oltre a farne la sua dimora privata la detenne a uso dell’Ordine. 

La sera del 4 febbraio 1500, Ludovico il Moro arrivato a Milano con l’intento di riappropriarsi della città – al tempo in mano all’oppressore francese – fu ospite dei Landriani. Il fatto che sostò al Mirabello con l’esercito al suo seguito testimonia che al tempo la Villa era una dimora principesca ben attrezzata e capace di accogliere una gran schiera di gente.
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Pochi anni dopo, la Villa fu inventariata tra i beni dell’Ordine degli Umiliati, a cui l’Arcivescovo di Milano Carlo Borromeo sottrasse d’autorità alcuni beni del cospicuo patrimonio destinandoli al sostentamento dei bisognosi e per questo provvedimento subì un attentato, uscendone indenne.

La famiglia Landriani rimase proprietaria di Villa Mirabello per alcune decine di anni, poi passò ai Marino, una ricca casata di origine genovese. Negli anni seguenti la storia della Villa è piuttosto complessa e incerta. Si sa, comunque, che divenne di proprietà della famiglia Serbelloni, illustre ramo patrizio imparentato ai Borromeo, che per oltre duecento anni (da metà del XVI secolo a metà del XVIII secolo) la convertì a uso agricolo, fino a ridurla a uno stato squallido e fatiscente. 

Altri passaggi di proprietà, dai Busca al conte Gianfranco Suardo di Bergamo, non giovarono alla villa, che continuando a essere caratterizzata dalle sole funzioni agricole, finì per essere trascurata fino al completo abbandono. 

LA SVOLTA DI INIZIO NOVECENTO

Agli inizi del Novecento, grazie alla vendita della Villa da parte del conte Suardo alla Società Anonima Quartiere Industriale Nord Milano, vennero intrapresi i primi restauri su progetto dell’arch. Perrone sotto la guida dell’ing. Evaristo Stefini fino allo scoppio della prima guerra mondiale.

Nel 1919 la Villa fu venduta da parte della Società Anonima del Quartiere Industriale Nord-Milano all’Opera Pia Casa di Lavoro e Patronato per i ciechi di guerra rappresentata dal Comm. Prof. Francesco Denti. 

La Villa venne così ampliata con una nuova, imponente costruzione atta a ospitare giovani ipovedenti e ciechi, reduci dal fronte della prima guerra mondiale. E per intuizione del Prof. Denti e il supporto di Don Gilardifu organizzato un laboratorio volto al loro inserimento attivo nella vita sociale, progetto che si affermò faticosamente, navigando tra numerosi contrasti, e che diventò realtà grazie alla solidarietà di numerosi benefattori privati ed enti pubblici della città. Fra cui, oltre a quella dei coniugi Mulatti, la generosa donazione testamentaria di Alessandro Corba, noto filantropo milanese, che rese possibile dare l’avvio della costruzione del nuovo padiglione della Villa, dotato di un convitto e di laboratori, dedicati all’attività di produzione di spazzole domestiche e industriali, oggetti in vimini e tappeti in fibra di cocco.

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I lavori di restauro furono affidati all’arch. Annoni, che riuscì a restituire alla Villa, nonostante le ingombranti scelte di “stile“, il suo aspetto quattrocentesco, sanando i mutilamenti, le superfetazioni e l’incuria del tempo. 

Dal 1946, l’Opera accolse anche i ciechi civili, vittime inconsapevoli degli ordigni di guerra, e i ciechi divenuti tali durante il servizio militare in tempo di pace, grazie all’assistenza sia di operatrici appositamente assunte sia di religiose appartenenti alla congregazione delle Suore S.S. Maria Consolatrice, il cui servizio è cessato nel 1985.

GLI ANNI SETTANTA

Verso la metà degli anni Settanta del secolo scorso l’attività assunse una fisionomia industriale. Ai classici lavori di piccola cartotecnica e cestinaggio, si aggiunse un’attività di riproduzione su nastro magnetico.

Nacque così una vera e propria sala di registrazione, insonorizzata e dotata delle apparecchiature più moderne dell’epoca, in cui venivano incisi su cassetta racconti, novelle e libri di ogni genere. In seguito, furono registrati diversi libri parlati e alcuni caroselli pubblicitari commissionati da diverse case editrici (Minerva Italica, La Scuola, Mursia, Loescher) e case musicali (Ricordi, Rifi, Eco, Magnetofoni Castelli).

La presenza dei non vedenti è andata diminuendo progressivamente. Oggi rimangono solo i servizi volti al disbrigo delle pratiche burocratiche e alcuni momenti di convivialità, come il “Natalino”, tradizionale appuntamento del 13 dicembre in occasione della festa di S. Lucia, patrona dei non vedenti, in cui viene celebrata la S. Messa.